Articolo di Filomena Gallo per Io Donna
Sono centinaia ogni anno i bambini che nascono grazie alla diagnosi preimpianto. Bambini che non sarebbero mai nati se i loro genitori non avessero avuto accesso alla tecnica, grazie all’intervento dei tribunali, evitando così aborti e malattie che purtroppo ben conoscono
Giulia e Christian sono i genitori di Camilla, una bimba nata in salute dopo una gravidanza perfetta. Subito dopo il parto, però, non riescono nemmeno a vederla. Camilla viene trasferita immediatamente in Neonatologia perché aveva delle strane bollicine sulle dita delle mani. Giulia e Christian scoprono così che Camilla era affetta da Epidermolisi Bollosa, più nota come malattia dei Bambini Farfalla, una malattia genetica rara, che provoca delle bolle simili ad ustioni su tutto il corpo.
Ferite dolorose, che impiegano giorni per guarire e che hanno reso Camilla fragile come vetro, impedendo qualsiasi forma di abbraccio e coccola da parte dei suoi genitori. Purtroppo Camilla, dopo neanche un anno di vita, non ce la fa e si spegne sotto gli occhi increduli e sofferenti di mamma Giulia e papà Christian. Un vuoto incolmabile e un dolore che non sparirà mai.
I due genitori decidono quindi di intraprendere una nuova gravidanza. Il terrore di dover rivivere però quello che era accaduto con Camilla è troppo grande, per la sofferenza provata dalla bimba e per il dolore provato dai genitori nel vedere la propria figlia spegnersi.
Giulia e Christian scelgono così di intraprendere la strada della fecondazione in vitro con la diagnosi preimpianto, in una struttura privata. Ad oggi, infatti, la diagnosi preimpianto non rientra tra i servizi offerti dal Servizio Sanitario Nazionale e quindi non è praticabile in una struttura pubblica a carico del servizio Sanitario Nazionale.
Il caso – o la fortuna – vuole che Giulia rimanga incinta naturalmente e che metta al mondo senza problemi il suo bimbo, portatore sano. Senza diagnosi preimpianto, però, Giulia ha potuto fare gli esami necessari per scoprire la presenza di eventuali malattie genetiche, e scongiurare il rischio di un dramma come quello vissuto con Camilla, solo molto dopo il test di gravidanza positivo: 13 settimane di gestazione e 9 di attesa, un tempo infinito per chi è terrorizzato al pensiero di un’altra perdita e soprattutto all’idea di un eventuale aborto.
Link all’articolo originale: Malattie rare e la diagnosi preimpianto: tra scienza e diritto alla salute (iodonna.it)